questa vita; o vinciamo questa nostra passione, oppure ne saremo vinti. I nostri progenitori per la loro superbia mangiarono il frutto proibito e, saggi com’erano, divennero ignoranti: non simili a Dio, ma simili ai bruti. Che caterva di pene dopo il peccato! Caino uccise per invidia il fratello Abele, ma dopo il delitto non ebbe un giorno di pace: ovunque vedeva il sangue del fratello. Il superbo può essere temuto, ma non amato: tutti lo fuggono. Il superbo non troverà buoni amici, l’invidioso troverà che tutti l’invidiano. Il lussurioso dentro è pieno di rimorsi, fuori è abbandonato da tutti, specie dagli innocenti che lo fuggono addirittura. E così sarà del pigro e dell’iracondo.
Invece chi vince la superbia è amato da tutti, è tranquillo e sereno. Chi vince l’impurità diventerà un angelo e attirerà tutti a sé. Chi vince l’avarizia sarà beato: “Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei Cieli” (cfr. Mt 5,3). Chi vince l’invidia sarà attorniato di venerazione. Chi vince la gola si attirerà tutte le benedizioni. Guai dunque a una passione non vinta, guai! Chi lotta sarà benedetto e lieto. O vincere o morire. Non vi è via di mezzo. O noi uccideremo le passioni o esse uccideranno la nostra pace, la nostra felicità, la nostra fortuna sulla terra. Vediamo Nerone, Lutero! Che esempi terribili!
2. Vincere come cristiani, perché abbiamo un cielo da guadagnare e la passione allontana dal cielo, anzi lo chiude. Quindi: o vincere o morire, significa: o paradiso o inferno! Il ricco epulone dov’è? Et sepultus est in infernum [E fu sepolto negli inferi, cfr. Lc 16,22]. Così Caino, così Giuda. Anche se la passione non è subito peccato grave, assecondandola lo diventa perché può portare a cose gravi. La Sacra Scrittura è piena di esempi di gente che, per non aver saputo combattere e vincere le proprie passioni, è stata inghiottita dall’inferno. Tutte le passioni sono capaci di condurci all’inferno. Se non si domina un po’ la gola, la pigrizia in cose piccole, si diventa poi schiavi della passione e si può perdere la vocazione ed essere eternamente rovinati. O vincere o morire. Se non si vince da bambine la superbietta, l’invidiuzza, la pigrizietta, ecc., queste passioni crescono e non si vinceranno più. I difetti sono poco visibili alle volte, ma bisogna partire da principio e togliere il primo germe, altrimenti ci portano lontani quanto il paradiso è lontano dall’inferno. Giuda si dava sempre ragione perché metteva da parte qualcosa per lui, ma dove è andato a finire?
Noi non cresciamo più dopo i 20-22 anni, ma le passioni crescono e le Scritture dicono così: “Le sue ossa saran piene dei vizi della sua giovinezza, i quali andranno a dormire con lui nella polvere” (cfr. Gb 20,11). Oh, siamo sapienti! I maggiori meriti stanno nella lotta e il combattere la passione predominante è grandemente meritorio. Il merito, ripeto, è nel combattere, non nel non aver passioni o tentazioni. “Sono piena d’invidia, di fantasiacce; mi sembra d’avere un gran disordine nel cuore e nella mente…”. Va bene! E combatti? Se è così va benissimo ed allora: Optime! I soldati guadagnano la medaglia quando combattono: è nella lotta il merito, non nel pacifico possesso della virtù. La superbia, poi, bisogna pestarla, distruggerla bene perché è come i gatti che non vogliono mai morire. Un tale, un giorno, aveva preso un gatto e dopo averlo legato in un sacco, pestato ben bene se lo vide poco dopo sulla soglia di casa sua. Al mattino fate buoni propositi, ma prima che siate ritornate dalla chiesa, la superbia vi attenderà sulla porta della casa. Tante però confondono la tentazione col peccato e si affannano perché sono tentate e non capiscono che il merito è nella lotta. Bisogna che a questo riguardo domandiamo più grazie: le passioni sono come la gramigna: si zappa, si estirpa, si butta via, ma cresce di nuovo e rinvigorisce.
Qual è la nostra passione principale? Fra le sette, di solito, prevalgono tre: superbia, avarizia e sensibilità. Tutto ciò che è nel mondo è superbia, avarizia, piacere. Guardiamo un po’ in faccia la nostra passione predominante e diciamole: Preferisco far morire te, che morire io. 3. Vincere come religiosi. La superbia, l’avarizia, il piacere, sono le tre passioni che recano danno più di tutte le altre. La superbia non lascia più comprendere i Consigli evangelici, mentre, se la vinceremo, ameremo l’umiltà e ubbidiremo pure agli inferiori, intendendosi per inferiori coloro che riconosciamo inferiori a noi, ma che hanno l’autorità di comandarci. Forse sbagliavano anche la Madonna e S. Giuseppe nel dare certi ordini a Gesù, ma Gesù ubbidiva. Se vinceremo la sensibilità si potrà fare il voto di castità. Se vinceremo la comodità, procurando di avere il distacco da tutte le cose, si potrà fare il voto di povertà. Se volete proprio essere religiose, dovete diventare umili come disse Gesù: “Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore” (cfr. Mt 11,29). La sposa deve seguire lo sposo. Se volete essere intime con Gesù, dovete amare la povertà come l’amava lui, che a Nazaret dava ogni risparmio a Giuseppe, mangiava un tozzo di pane e beveva alla fonte. Se vogliamo davvero amare Gesù, essere religiose, dobbiamo lottare, perché i voti portano molti obblighi a cui si è strettamente tenuti. Chi ama la terra non amerà mai il Signore, mentre chi ha il cuore acceso di amore a Gesù non guarda la terra. Se non si lotta si è vinti e si perde la vocazione e tutto il merito particolare. Piuttosto che non osservare i voti e le Regole è meglio rimanere nello stato secolare, insegna S. Paolo (cfr. 1Cor 7,9), poiché in tal caso se si manca si commette un solo peccato. Chi combatte con forza la passione predominante avrà la vocazione e la seguirà, avrà sempre più grazie, una morte più tranquilla, un paradiso più bello. Gesù vuole spose che l’amino davvero e sappiano seguirlo come la sua Madre santissima al Presepio e al Calvario. O vincere o morire, dunque, non vi è via di mezzo. Prendiamo di fronte la nostra passione e combattiamola a sangue senza darci pace, proprio come S. Francesco di Sales per diciotto, per venti, per trenta anni.
Beato Giacomo Alberione