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LE GRANDI VIRTÙ
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Nel testo Brevi Meditazioni per ogni giorno dell’anno sono presenti cinque meditazioni nelle quali don Alberione parla delle virtù cardinali (pp. 217-226). Ne riportiamo alcuni stralci. LA PRUDENZA [La prudenza] è una virtù morale e soprannaturale, che inclina la mente a scegliere i mezzi migliori per conseguire l’eterna salvezza. Vi è l’industriale prudente, il commerciante prudente; il contadino, lo studente, l’operaio prudenti: tutto dispongono e dirigono ai loro interessi terreni; e questa prudenza è umana. Vi è la prudenza dell’uomo carnale, ambizioso, avaro: dicesi prudenza della carne; è nemica di Dio e conduce alla morte. Invece la prudenza cristiana, conosciuto l’eterno destino dell’uomo, tutto indirizza alla conquista del cielo; tutti i doveri umani, i pensieri, le intenzioni, i sentimenti, sebbene rivolti a tante cose, hanno poi un motivo e fine unico: arrivare al paradiso. “La vera e perfetta prudenza è quella che consiglia, giudica e spinge rettamente al fine di tutta la vita”, dice S. Tommaso. [...] La prudenza: esamina con maturità, risolve con senno, esegue fedelmente. Richiede, in primo luogo, di esaminare bene il fine. Molti errano in questo punto essenziale: Perché sono creato? Perché esisto? Un maturo esame è richiesto per la gravità del problema che si deve risolvere. Occorre riflettere sul passato nostro, poiché l’esperienza è maestra nella vita: le difficoltà incontrate, le cadute, le vittorie. Anche la storia ci giova perché fa conoscere quello che hanno fatto di bene o di male coloro che ci precedettero: e quali aiuti oppure ostacoli abbiano incontrati. Riflettere pure sulle circostanze presenti e sul futuro; come si delinea. Giova sempre consigliarsi. |
Uomini più saggi, che ci amano, come pure qualche volta anche persone inferiori di età, di cultura, di posizione possono illuminarci sui pericoli, scoprire un lato non considerato prima, darci un consiglio utile. E questa luce nei casi di decisioni importanti la chiederemo soprattutto al Signore; col Veni, Sancte Spiritus, [Vieni Santo Spirito] o con altre preghiere. [...] LA GIUSTIZIA [La giustizia] è una virtù morale e soprannaturale, che inclina la volontà a dare a tutti quanto è loro strettamente dovuto. La carità rende anche ciò che non è dovuto strettamente al prossimo. Dice Bossuet: “Quando nomino la giustizia, nomino nello stesso tempo il vincolo sacro dell’umana società; il freno necessario della licenza... Quando regna la giustizia, nei trattati si trova la fede, l’onestà negli affari, l’ordine nella politica; la terra è in pace, ed anche il cielo, per così dire, ci illumina lietamente e ci manda più dolci influssi”. La giustizia è generale, se si riferisce alla società o alle società in cui si vive; è particolare, se si riferisce ai diritti e ai doveri dei cittadini fra di loro. La prima ci obbliga a portare la nostra parte di pesi nella società, per i tanti benefici che da essa riceviamo. I servigi, le imposte, parte degli stessi beni ed anche della libertà si devono alla società, secondo i tempi e le circostanze. La seconda, regola i diritti e i doveri tra i sudditi in riguardo ai beni materiali, alla fama, alla libertà, ai beni del corpo e dell’anima. La giustizia è principio di ordine e di pace, sia nella vita individuale che sociale. Per essa vi è l’onestà negli affari, viene repressa la frode, sono difesi gli umili e i deboli, i sudditi obbediscono, i governanti distribuiscono equamente gli oneri e gli utili del vivere sociale. Se poi tutti i doveri di giustizia si esercitano per Dio, secondo l’infusione della grazia, avranno valore soprannaturale e acquisteranno premio nella vita eterna. Quando si teme Dio, entra un rispetto delicato per tutto ciò che appartiene al prossimo. Ed ecco il soldato, il medico, il maestro, il magistrato, il cittadino, che sono cristiani buoni, saranno anche i più fedeli nei loro rispettivi uffici; i più esemplari e degni di fiducia nella società. Ed ecco che il cristiano compie nella vita individuale, sociale e politica i suoi doveri con un senso speciale di responsabilità e sempre in ordine a Dio ed all’eternità. E così facendo progredisce grandemente nello spirito e nella santità. [...] LA FORTEZZA La fortezza è la virtù morale e soprannaturale che rende l’animo generoso e intrepido nel lavoro per il cielo, nonostante le difficoltà, le paure e, forse, la stessa morte. Il cuore forte sa intraprendere e sopportare. Nel cammino della virtù e nei doveri di ogni stato vi sono ostacoli, tentazioni, timori; occorre affrontarli coraggiosamente. La fortezza porta: a) a prendere decisioni senza timore alcuno; b) a operare con lo sforzo necessario; c) a continuare fino alla fine. Chi vuole si fa santo! ma chi vuole davvero! Vi sono insieme molte sofferenze da sopportare: malattie, lotte interiori, ripugnanze, scherni, calunnie. E queste cose, tante volte sono più penose della fatica, dice S. Tommaso. Una lunga infermità, specialmente se dolorosa, un’ingiuria, lo scherno di una persona, spesso sono più duri della fatica. Gesù Cristo ci è esempio di fortezza nell’intraprendere cose difficili. Egli inizia, con coraggio, il suo ministero pubblico, che gli costerà infinite fatiche e contraddizioni. Andò a Gerusalemme, dove prevedeva i patimenti e le umiliazioni. Nella Passione sostenne pene interne ed esterne, numerosissime e ineffabili, con inalterabile pazienza e serenità. Di molto merito e di largo bene è il coraggio di intraprendere cose grandi per il Signore, la Chiesa, le anime, la società, i poveri. Il tempo, l’ingegno, il denaro vengono allora adoperati in utili imprese di arte, di beneficenza, di studi. Non occorre essere ricchi: poiché la Divina Provvidenza manderà i mezzi. La spilorceria, invece, è segno di animo gretto ed egoista; e la prodigalità è segno di squilibrio e disordine. Innumerevoli meriti acquista l’uomo forte e paziente. Per essa il cristiano rimane tranquillo in mezzo alle pene; non si piega, né a destra né a sinistra, continua il suo cammino verso il cielo. [...] LA TEMPERANZA La temperanza è la virtù che modera l’animo, e impedisce e mortifica le passioni, sottomettendole alla ragione. La temperanza è ben descritta da S. Agostino: “L’uomo temperante ha una regola nelle cose di questa vita... cosicché di nulla è schiavo, nessuna cosa desidera per soddisfazione: ma di tutto usa a tempo non per il piacere, ma sempre modestamente”. [...] I frutti della temperanza sono: la continenza che frena i movimenti del senso e i desideri sregolati del cibo e del bere; è virtù di anime che s’impongono un ordinato tenore di vita e vi si attengono fedelmente. La mansuetudine: frena gli impeti dell’ira; perché l’uomo non si adiri se non quando, quanto e nella misura che è richiesto per evitare il peccato ed operare il bene. La clemenza: mitiga le pene, porta ad un giusto compatimento, concilia il perdono. L’umiltà: frena il soverchio desiderio della stima, della lode, della magnificenza; modera pure la eccessiva e falsa stima di se stesso. La modestia: compone i movimenti del corpo, modera i discorsi e le azioni; riduce nei limiti giusti le tendenze ambiziose nel vestire, nei pranzi, nell’abbigliamento. La studiosità: regola il desiderio di sapere, perché non divenga passione; e frena la vana curiosità ed il desiderio di una scienza vana. [...] Beato Giacomo Alberione |