PRIMA LETTERA A TIMÒTEO
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1Tm 4: i falsi maestri ed il vero maestro in Cristo Il quarto capitolo della Prima lettera a Timòteo si apre con una profezia dal tono apocalittico, una rivelazione dello Spirito su ciò che accadrà negli ultimi tempi. Leggendo però il testo ci si accorge che l’Autore ha davanti a sé una situazione presente, piuttosto che futura. La Chiesa è minacciata da un insegnamento contrario alla verità del Vangelo ricevuto, e Timòteo è esortato a custodire e difendere la vera dottrina e ad insegnarla ai fratelli perché non cadano nelle suggestioni diaboliche proposte dalle parole di inganno di maestri di falsità. L’insegnamento dei falsi maestri proviene dall’ipocrisia; essi cioè recitano una parte di cui non sono neanche intimamente partecipi, come degli attori, e come tali in cerca dei consensi del pubblico. I loro errori sono suggestioni diaboliche e voce di spiriti ingannatori. In alcuni passi dell’Antico Testamento si parla di spiriti ingannatori che parlano per bocca di falsi profeti per compiacere il re e legittimarlo nel portare avanti una guerra contro la volontà divina, guerra che si concluderà con una disfatta tremenda per il popolo. Così questi spiriti ingannatori lanciano coloro che credono alla loro voce in una battaglia distruttiva. Quello che propongono infatti è impegnativo, come rinuncia alle nozze e digiuni, ma non per una vera ascesi che purifica, bensì per un titanismo morale e spirituale che accomuna alla superbia luciferina. Vengono in mente le severe ammonizioni di Bernardo di Chiaravalle ai suoi monaci, tentati di vantarsi della loro continenza verginale e delle loro penitenze, a cui il santo abate ricorda che senza l’umiltà questo vale a nulla. Questa battaglia tanto aspra quanto vana conduce alla distruzione di sé e della comunità. È l’opera diabolica del divisore, che vuole sempre separare da Cristo e dai fratelli, e rinchiudere in un egoismo centrato su se stesso che si maschera di virtù. A questa battaglia insensata si oppone il vero combattimento della fede, a cui è chiamato Timòteo. Egli deve “allenarsi nella vera fede” (cfr. v. 7), proprio come i suoi contemporanei greci affollavano |
le palestre, inseguendo l’ideale della bellezza e della forza fisica. Si tratta dunque di una progressiva crescita nella fede, come fiducia in Dio e nella sua Parola, sempre più conosciuta, meditata ed insegnata. E Paolo stesso si dichiara partecipe di questa costante battaglia in cui “noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo posto la speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono” (cfr. v. 10). L’Apostolo presenta così l’evangelizzazione e l’opera pastorale come un combattimento in cui la fede avanza vittoriosa con la spada della Parola di Dio predicata, che penetra nei cuori e li apre a conversione. Il vero maestro non è mosso da ipocrisia ed egoismo, ma è fondato sulla Parola di Dio e di essa è tramite. Il maestro cristiano non risponde a categorie umane, per questo la giovane età non deve essere preclusione al suo ministero; egli infatti non insegna una dottrina sua, frutto dell’esperienza e della saggezza degli anni, ma è il trasmettitore della dottrina di Cristo. Egli ha ricevuto un dono per l’imposizione delle mani e la parola profetica. Il gesto dell’imposizione delle mani sembra rimandare a Nm 27,18-23 in cui Giosuè è scelto come successore di Mosè a guida del popolo tramite indicazione dei vaticini e stabilito proprio con il gesto della imposizione delle mani. In questo episodio biblico la tradizione ebraica vede non solo il passaggio di consegne del potere di guida del popolo, ma anche l’inizio della catena della trasmissione dell’autentico insegnamento divino dato sul monte Sinai; si dice infatti che Dio diede la Legge a Mosè, questi la consegnò a Giosuè il quale la trasmise ai settanta anziani e da essi a tutti i saggi di Israele. PER LA RIFLESSIONE PERSONALE: 1) Nel corso della storia della spiritualità cristiana talvolta sembrano aver vinto i fautori del disprezzo della creazione: sono ancora presenti rivoli di spiritualità malate che negano la santità della creazione divina? Come combatterli? Come proporre una sana spiritualità dell’uso delle realtà create, della sessualità sia per i coniugati che per chi è chiamato alla verginità per il Regno? 2) Quale spazio occupa nella mia formazione spirituale la lettura e lo studio serio della Scrittura, della teologia e delle fonti dell’autentica spiritualità cristiana? Scelgo le mie letture in base alle mode, alla facilità o cerco nutrimenti solidi nel patrimonio che la Chiesa mi consegna? 3) Conservo ed aiuto altri a coltivare uno sguardo critico su presunte apparizioni, messaggi celesti e simili realtà? Come promuovo, nelle realtà pastorali in cui vivo, l’ancoramento alla Parola di Dio ed alle fonti autentiche della teologia e della spiritualità cristiana? Don Marco Renda |