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MARIA SANTISSIMA È NOSTRA MADRE




Nella meditazione di questo mese, tenuta ai chierici nel 1910 (Quaderno n. 40, pp. 1-11), il Primo Maestro ci aiuta a comprendere quanto sia caro alla Madonna il titolo di Madre, perché con esso la ringraziamo di tutte le sofferenze che ha patito per noi e le esprimiamo il nostro affetto filiale.

Un giorno Massimo d’Azeglio domandava a suo padre: “E noi siamo nobili?”. Il padre gli rispondeva: “Lo sarai se avrai virtù”. Nonostante che i nostri tempi siano chiamati i tempi della democrazia, del popolo sovrano e che sui giornali e nei comizi, nei libri e nei discorsi non si parli che di popolo, tuttavia si può dire che la nobiltà è ancora assai stimata. I titoli sono ambiti: le posizioni si cercano spesso anche per l’onore che ne deriva: chi può si vanta degli antenati, dei suoi possedimenti, ecc. Ora se così è, possiamo dire che noi abbiamo più di tutti il diritto di vantare la nostra nobiltà. Si vanterebbe certo molto se uno fosse figlio d’un marchese, d’un principe, tanto più se del re! Ma ora noi siamo figli del più gran Re: siam figli di Dio! [...] Noi abbiamo una grande nobiltà perché rivestiti di una divisa soprannaturale qual è la grazia, soldati del più grande generale Gesù Cristo, che liberò il mondo dalla schiavitù.

Noi siamo nobili per questi titoli ed ancora per un altro che generalmente non consideriamo tanto, ma che è pur molto caro al nostro cuore: noi siamo figli di Maria Santissima. Maria Santissima è la nostra madre: ecco quello che deve rallegrarci, riempirci di confidenza verso di Lei. La più cara creatura che noi abbiamo sulla terra è la madre nostra. Da essa noi abbiamo ricevuto la vita nostra: per lei che ci nutrì bambini, che vegliò tante notti insonni sopra la nostra culla. Ella soffriva nel vederci soffrire, ella godeva nel vederci contenti: ella non fa che pensare a noi e non sarà felice se non quando le sarà dato di vedere felici noi. [...] In noi vi sono due vite: vi è una vita umana che si manifesta nel “vegetare”, nella nutrizione, nel sentire, nell’intendere e volere. È la vita di cui parliamo ordinariamente. Vi è inoltre un’altra vita soprannaturale: è la vita di grazia: è l’amicizia che noi abbiamo con Dio: una vita che ci mette nella possibilità di conseguire un premio eterno. Di questa vita ci parlò Gesù Cristo quando disse: Veni ut vitam habeant et abundantius habeant [Io sono venuto perché abbiamo la vita e l’abbiano in abbondanza] (Gv 10,10). Perché mai Gesù Cristo disse che venne a portarci la vita? Forse che non eravamo vivi? Sì, della vita temporale, no, della vita soprannaturale, della vita di grazia. E perciò Gesù Cristo venne a portarci questa vita. Ora se due vite sono in noi chi ci dà queste due vite può davvero chiamarsi il padre o la madre.
Così noi abbiamo il padre e la madre della nostra vita temporale, e sono i nostri genitori. Così ancora abbiamo il padre della nostra anima, anzi di tutte le anime come ha detto Gesù Cristo: Pater futuri saeculi [Padre dei secoli futuri], perché ci tornò la vita da noi perduta col peccato; così abbiamo ancora Maria Santissima che con Gesù Cristo cooperò alla nostra salvezza, a dare la vita all’anima nostra. Essa si può quindi chiamare la madre nostra: come la chiama la Chiesa. Ma in che modo Ella ci diede questa grazia? Quando? Ella ci diede la grazia dandoci Gesù Cristo: offrendolo sulla croce per noi. In due circostanze cioè: quando concepì Gesù Cristo e quando l’offerse vittima all’Eterno Padre per la nostra vita. [...] Ebbene Ella acconsentì a darci questa vita, anzi ce la diede con grande amore! Ella è dunque la nostra Madre. Ella ci diede la vita. Nè solo in questo modo, ma secondo la dottrina di San Bernardino anche perché fin da quel momento Maria Santissima incominciò a chiedere a Dio la nostra salvezza. [...] Cosicché noi possiamo dire quanto diceva S. Guglielmo abate: Gesù Cristo è la nostra vita, la nostra salvezza, la nostra salute: Maria SS. dandoci Gesù Cristo nostra vita ci ha dato dunque la vita. [...] Maria Santissima divenne pure nostra madre nella sua vita e specie sul Calvario.
Madre vuol dire generarci alla grazia, cooperare a questa generazione. [...]. Rappresentiamoci quei dolori vivissimi che doveva ella soffrire nel vedere ucciso il proprio figlio: Oh quanto deve soffrire la madre di un ladrone giustiziato! E che non avrà sofferto la SS. Vergine in vedere così calpestato, deriso, insultato, flagellato, crocifisso il Figlio, nel vederlo pendere da un patibolo ridotto in tale stato da non sembrare più un uomo? Ego sum vermis et non homo [Io sono un verme e non un uomo]. Gesù che era il Figlio migliore dei figli, il benefattore di tanti che gridavano: crucifige!! Sicché con ragione ci dicono i Santi Padri: Gesù soffrì nel corpo ed anima, Maria SS. soffrì nell’anima un tremendo martirio: Et tuam ipsius animam pertransibit gladius! [e anche a te una spada trafiggerà l’anima] (Lc 2,35). Ogni colpo dei chiodi doveva ripercuotersi nel suo petto. Oh quanto noi siamo costati a Maria SS.! Eppure i Santi Padri ci rappresentano Gesù che chiede il permesso a Maria SS. di andare a morire. Era naturale: un figlio buono non può non fare così; così aveva già chiesto a Lei il suo consenso per incarnarsi nel suo seno. E Maria SS. lo dà questo permesso per nostro amore, per darci la vita. [...] Maria SS. doveva offrire questa vittima per noi, come Gesù stesso si offriva per la nostra salvezza. Ella è corredentrice delle anime: cooperò nel salvarle! Ella è dunque nostra madre: come è molto più padre si può dire quel sacerdote che offre il divin crocifisso per dare la vita della grazia ad un’anima: come S. Paolo si vanta padre dei Corinti per averli rigenerati coll’Evangelo. Ella era dunque Madre per le sue opere: che se Gesù non avesse anche voluto dircelo già noi dovevamo ritenerla per tale: per diritto o per dovere. Ma Gesù volle come tale proclamarla perché non avessimo a dubitarne.
Gesù ci aveva già dato tutto: anche se stesso nella Santissima Eucarestia. È nel momento di partirsi da noi: si rivolge dal patibolo alla sua Madre e dice: Mulier, ecce filius tuus [Donna, ecco tuo figlio] [Gv 19,26]. Donna: tu perdi il tuo unico Figlio: ma ne acquisti molti altri in questo discepolo rappresentati. Ecco i tuoi figli: tu li hai rigenerati dando loro la vita; ebbene, considerali come figli tuoi. [...] Maria SS. è dunque nostra dolcissima Madre: madre di figli che Ella ha concepiti nel dolore: madre di figli indegni, ma che per essere a Lei costati tanti spasimi dell’anima sua devono esserle carissimi. E non dovremmo noi rallegrarci di essere i figli di Maria SS.? Non si vanta forse il mondo per una cosa di ben poco valore, cioè d’essere figlio di qualche personaggio importante? Rallegriamoci noi che siamo figli di una madre sì santa. Ella è la figlia prediletta della SS. Trinità, l’Eterno Padre. Ella è la Madre di Dio, la prima dignità, mentre sappiamo che Iddio può fare mondi immensamente più belli di questo, ma non può fare una madre più grande di Maria SS., come dice S. Tommaso. Ella è la sposa dello Spirito Santo: quale creatura può essere più intimamente congiunta con la SS. Trinità? Messa a parte, dirà così, dei segreti più intimi della divinità? Ella in cielo supera immensamente tutti i santi, si lascia dietro i confessori più fermi nella fede, i vergini più illibati, i martiri più forti, gli apostoli più zelanti nella propagazione della fede: i profeti, i patriarchi. Di tutti questi Ella è regina e li supera come altrettanti sudditi. Ella si lascia dietro gli angeli, arcangeli, cherubini, serafini e tutti i nove cori angelici: Ella li supera come loro regina. Non vediamo noi in terra qual differenza d’onori che è data ad un servo della regina ed alla regina stessa? Ebbene maggior differenza vi ha in cielo tra i santi e gli angeli che sono servi di Maria SS. ed Ella che ne è la fortunata loro regina. Rallegriamoci d’aver per madre una creatura sì alta.
Volgiamo indietro lo sguardo ai secoli passati (sono 60 oppure 70 secoli): quale immensa famiglia umana non è già vissuta! Volgiamoci attorno (e troveremo 1700 milioni di uomini), volgiamoci al futuro! Oh quanti uomini!
Ebbene tra tutti Essa sola fu la fortunata concepita senza colpa originale, tra tutti i figli di Adamo. Di essa Iddio parlò nel paradiso terrestre, come della salvatrice dell’umanità, del terrore dei demoni cui avrebbe schiacciato il capo; il suo nome, e le sue prerogative vennero ripetute per 40 secoli: visse povera ed umile, fu assunta al cielo ed ora non vi è angolo della terra, non spiaggia ove il suo nome non si ripeta, ove il suo potere non dia fiducia ai più disperati, ove le sue virtù non siano predicate ed imitate, ove non porti qualche speranza ai moribondi. Oh quanto è grande questa creatura! E noi non ci rallegreremo di averla per madre? Non ci congratuleremo con Lei? Non ci vanteremo d’essere suoi figli? Non porteremo gloriosamente il suo abitino, non baceremo con trasporto le sue immagini, più che con baci con affetto il ritratto della madre un buon figlio? Maria SS. è madre perché ci dà la vita, Gesù Cristo. Ora mentre era vivo il Beato Curato d’Ars dalla Francia, dalla Spagna, dall’Italia era un pellegrinaggio continuo ad Ars. Gran fortuna era stimato il confessarsi da lui, il poter dire: egli è padre dell’anima mia! Anche pochi anni fa vi erano tra noi alcuni che avevano avuto questa fortuna e non finivano più di gloriarsene. Ora noi abbiamo assai più per madre: Ella è la più nobile delle creature. Chi dunque non si glorierà di Lei? Di esserle figlio? Fortuna assai più grande che essere figlio spirituale di un santo.
E come fa pena vedere che certuni divenuti un po’ alti, quando sanno già qualcosa di più, si vergognano quasi di dirsi figli di Maria, di pregarla con quell’affetto di prima! Pare che questa divozione sia da loro stimata come cosa da donnicciuole! Si vergognerebbero per esempio di fare certi piccoli ossequi a Lei come di tre Ave, qualche mortificazione, tenersene una immagine innanzi allo studio, baciare l’immagine prima di addormentarsi, portare un abitino! [...] Vergognarsi della madre fosse pure l’ultima creatura, più spregevole, è pur sempre un delitto! Quanto più vergognarsi di Maria SS.? Vergognarsi del ritratto della madre, di parlare di lei, mostrarsi stanchi in sentirne discorrere è per tutti un infame e vergognoso peccato. Quanto più di Maria SS.! Oh no! parliamo pure di Lei qualche volta come si parla della madre! Diciamole pure qualche piccola preghiera semplice, col cuore alla mano: gloriamocene pure: è questa una cosa giusta e ragionevole. Le nostre madri vogliono da noi essere chiamate con questo titolo più che con qualsiasi altro. Anche le regine, le duchesse, le principesse, vogliono non questo titolo dai figli loro, ma quello di madre. Così pure Maria SS. da noi. Perché? Perché ricorda a Lei quanti benefizi ha fatto per noi. Il titolo di madre dato alla principessa ricorda che il merito più grande di essa presso il figlio è d’avergli data la vita. Così il titolo di Madre dato a Maria SS. Chiamiamola dunque spesso con questo nome che le è molto caro. Ripetiamolo sovente come glielo ripetevano i santi. Ringraziamola: l’amore richiede amore e il benefizio vuole la riconoscenza. Essa per noi sopportò pene indicibili e noi che facciamo per Lei? “Dille grazie” insegna la madre al bimbo quando una persona gli regala qualcosa.
Come è egoista il sentimento di coloro che a Maria SS. non san far altro che chiedere benefizi! Non sanno mai ammirare le prerogative speciali o ringraziarla dei benefizi. Volgiamo gli occhi indietro ed a chi ci beneficò sappiamo qualche volta dire un grazie. Sia benedetta Maria SS. che ci generò alla vita dandoci Gesù Cristo e sopportando tanti patimenti per darci la vera vita dell’anima. Noi possiamo esclamare con gioia con S. Anselmo:Mater Dei est mater mea! [La madre di Dio è mia madre] Facciamo dunque il proposito di sempre gloriarci della nostra Madre, di stimare assai qualsiasi cosa che ci parli di Lei, le sue immagini, le sue devozioni: di essere gelosi delle verità che la riguardano. Risuoni spesso nelle nostre labbra il titolo di Madre, dichiariamoci spesso figli di questa altissima fra le creature. Si reputavano suoi degni figli S. Tommaso, S. Alfonso, Suarez, D. Bosco, ecc.; non sarà molto anche per noi? Salga frequente al trono dell’Altissimo questa preghiera: “Questo nome di Madre mi obbliga ad amarvi, a confidare in voi. Voi siete madre mia amabilissima; permettetemi che io vi ami e vi ami assai. Voglio chiamarvi madre in ogni giorno: deh possa così chiamarvi anche sul letto di morte e con questo nome rendere l’ultimo mio respiro nelle vostre mani”. Sia questa la prima parola del mio labbro al mattino, sia questa l’ultima parola alla sera: Madre. È un titolo che la commuove e la eccita in nostro favore: ricordiamolo sempre che Ella ci generò nel dolore, che siamo figli suoi e che come tale vogliamo essere trattati... Quanto è dolce aprir le luci – Al sorriso di Maria! Voglio amarti, o madre mia – o Maria, ti voglio amar!

Beato Giacomo Alberione

 

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