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CON CUORE DI MADRE

 

“Aver cura, aver cuore, avere intelligenza, sapienza” così don Alberione incoraggiava le Pie Discepole perché avessero un cuore materno verso tutti. Questo invito oggi sentiamolo rivolto anche a noi (Alle Pie Discepole, 1955-1956, pp. 292-296).

[…] La donna, di per sé, nasce madre, è ordinata alla maternità: maternità fisica, naturale o maternità spirituale, soprannaturale. Come si fa a rendere sterili questi pensieri, queste tendenze del cuore della donna? Come si fa a isolarsi in una vita dove vi è un cuore che non si riempie, non ama? Quasi è un lottare contro noi stessi. Il concetto della paternità e il concetto della maternità è innestato [nella persona] e appositamente il Padre celeste ha creato Adamo ed Eva, ordinando uno all’altra.
D’altra parte, è la missione della donna: ut sit adiutorium simile sibi (Gn 2,18). Facciamo la donna perché l’uomo abbia un aiuto simile a sé. Questo aiuto non è tanto e non vale solo per la generazione o per l’educazione dei figli o per allietare la vita di due sposi. Ma vale nell’ordine soprannaturale, come aiuto spirituale. Poiché l’uomo è inclinato piuttosto alla terra e ha bisogno allora che vi sia accanto un essere gentile, buono. Oh, la donna quante cose capisce che l’uomo non capisce! In quante piccole cose interviene sopra cui l’uomo passa quasi superficialmente senza accorgersene o darvi importanza. Quante volte la donna aggiusta, sembra fatta per aggiustare le questioni. [E invece] cinque suore, sette suore, dieci suore in una casa [a volte] sembran fatte per moltiplicare le questioni. Oh, due benedizioni, allora, vi dò. Non è possibile dire così. Vuol dire rendere il cuore sterile, vuol dire rendere il cuore, con la parola che ha usato il Papa: “solitario”. Vorrebbe dire rinnegare i più begli affetti, i più bei sentimenti, la finalità della donna. Allora: formare il cuore “materno”. Quella madre è sempre lì per metter la pace e dissimula e copre gli sbagli di un figlio e incoraggia l’altro e richiama quello che è troppo orgoglioso, che confida in sé e aiuta quello che è più debole, che è nato dopo, che è più piccolo. Eh, la mamma! Cuore materno per le case, cuore materno per capire e per esercitare l’apostolato del servizio sacerdotale:

cuore materno. Io sento dire molte volte: ecco, se hanno troppe relazioni con noi: pericoli! (parlo della parte maschile); altrimenti se intervengono per le necessità, per le debolezze e per le malattie e per quelle cose, quelle mille cose di cui si compone la vita: pericolo! Formare il cuore materno nel giusto senso, nello spirito umano e soprannaturale, è grande grazia. La suora, perché è suora, non cessa di aver la vocazione alla maternità. Quando prendono la Messa dieci giovani? Ecco il frutto delle nostre fatiche e del nostro amore soprannaturale, delle nostre preghiere, delle nostre industrie. Oh, quei dieci possono chiamare le suore “madri”. È per questo che portate il nome di “madre” e non di “maestra”. Che cosa manca? Manca, forse, più pietà? Certo che quando uno ama molto Gesù e prega molto la Madonna, il cuore si forma bene, sul Cuore di Maria, Cuore immacolato, Cuore materno di Maria. Perché l’evangelista dice: a Betlemme, Maria ricevendo sulle sue braccia [Gesù], senza che il corpo venisse in qualche maniera leso, lo depose, lo avvolse involviteum (cfr. Lc 2,7), vuol dire cura. Non avete cura delle calze e delle camicie? E del bucato, ecc.? E lo ripose, sì. Che sia contento, che si affezioni alla vocazione.
Molte vocazioni dipendono dalla pentola. Far bene! Ma adesso, qui possiamo già passare a un altro punto, non è vero? E aggiungiamo un’altra cosa, che è questa: si dice cucina all’americana, cucina all’italiana, cucina giapponese, cucina all’indiana. Allargare il cuore e saper fare ciò che nelle nazioni è richiesto. Venendo poi i chierici o i giovani di varie nazioni o a studiare in Italia oppure raccogliendosi in altre nazioni, bisogna esser materne e arrivarci. “Eh, ma quello lì, ha questo vizio, quello lì è ricercato, quello ha cibi tanto diversi”: Regnum Dei non est esca nec potus (Rm 14,17), il regno di Dio non è né pane, né vino, ma il regno di Dio è l’amore al Signore, è cioè: la sapienza di Dio, l’amore di Dio, la volontà posta in Dio. Che cosa v’importa se uno mangia nocciole oppure se mangia biscotti? O se mangia, invece, patate o se preferisce, invece, le cipolle? Cosa importa a noi? Non est esca, neque potus, il regno di Dio. Vedere se han voglia di studiare, se pregano, se avendo salute s’impegnano. [...] Cosa farebbe una mamma? Senza che l’altro, magari chieda, senza che si rendaconto. Occhio! Occhio! Man mano che si stabiliscono, nelle Case, delle suore più mature e che conservano, queste suore, il cuore materno, certamente si farà un gran progresso.
Ma sentirsi mamme. Non buttar là qualunque cosa. Perché, altro è il lavoro materiale, altro è il lavoro sedentario, di studio, di applicazione nell’apostolato, nella pittura. Bisogna aver cura, aver cuore, avere intelligenza, sapienza. Allorché si è sfiniti e stanchi e non si ha più voglia di nulla, la madre deve ancora trovare qualche cosa che mette l’appetito, qualche rimedio che sta per il caso. E in questo vi sono già delle suore, delle madri che lo fanno, e questo specialmente, è la madre in una Casa. E naturalmente poi, più sono vecchi i sacerdoti, più sono anziani e più hanno dei bisogni; come anche voi, più siete anziane, più avete dei bisogni, perché il corpo si consuma come si consumano le scarpe e allora bisogna rattoppare le scarpe, lucidarle, se sono sporche. Il cuore materno è sensibile e vede, la donna vede mille cose che l’uomo non vede; sistema mille cose che tra noi uomini non si sistemano mai; ha delle gentilezze e ha delle sensibilità, nello spirito giusto, preso innanzi al Tabernacolo, che non hanno gli uomini. Gesù va a morire. Ma là c’è una donna, c’è la Madre, gli Apostoli non ci sono, eccetto Giovanni che arriva tardi. E perché questo? Ah, avete proprio quella missione lì di essere: adiutorium simile sibi [un aiuto che gli fosse simile] (Gn 2,18). Certo nell’ordine della natura, ma molto di più nell’ordine della grazia, e perciò nell’ordine della grazia, ecco. Accanto a Gesù vi è Maria. Accanto a san Benedetto, vi è suor Scolastica, santa Scolastica; e accanto a don Bosco, vi è una madre, vi è poi la Mazzarello che capì subito gli intenti. Ella che non sapeva scrivere il nome guidava le professoresse dopo, perché quando un’anima è umile e quando è modesta e sa sentire tutte, incoraggiare tutte, domina non con la potenza della forza o dell’ingegno, ma col cuore. Il cuore tenuto a posto, però, si capisce, tenuto a posto, il cuore! […]

Beato Giacomo Alberione