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SI VIVE SOLO PER MORIRE?

 


“Perché devo andare a scuola e lavorare, se poi si deve morire?”. È la domanda che una ragazzina dodicenne pone alla mamma di ritorno da una visita al nonno morente. La mamma gira la domanda a Mauro Giuseppe Lepori, dal 2010 abate dell’Ordine dei Cistercensi, che ne fa il filo conduttore del libro che sta ultimando per le Edizioni Cantagalli: Si vive solo per morire? Che senso ha la vita umana, così grande e così fragile, così sublime e così misera, tesa all’infinito e sfidata dal limite? È questa la domanda del cuore di ogni uomo che sempre stimola la ragione a trovare risposte. E la risposta adeguata non potrà mai essere una teoria, un discorso, bensì la testimonianza di un’esperienza viva, il calore di un incontro che soddisfa il cuore e lo apre all’infinito. “C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?”: la domanda del versetto del Salmo 33 viene posta da San Benedetto sulle labbra di Dio, perché all’inizio di tutto non c’è il desiderio di felicità del cuore umano, ma Dio che desidera la pienezza della vita per la sua creatura. Quando accade l’incontro tra desiderio umano e disegno di Dio nascono i Santi: capolavori di Bellezza e di vita pienamente riuscita! Così è per San Bernardo, affascinante nella sua personalità poliedrica che ha saputo trovare unità nel Mistero dell’Incarnazione di Cristo, Figlio di Dio, Figlio dell’uomo. La vita mistica di San Bernardo non è un ricordo, un sentimento, uno strascico emotivo di esperienze sublimi, bensì un incontro ed il permanere di questo incontro con la presenza Incarnata del Verbo. Da qui scaturisce la forza di farsi servo di tutti nella carità. “È a questo che vi invito: servite nella carità che espelle il timore, non avverte le fatiche, non sta a guardare il merito, non cerca il premio, eppure urge più di ogni altra cosa”. Carità che diviene missione, testimonianza, martirio. Troviamo pagine sublimi della ricerca di verità e senso della vita innanzitutto nella Bibbia, poi nella Letteratura; l’autore ci propone il confronto tra Fra’ Cristoforo e don Rodrigo nell’opera manzoniana “I Promessi Sposi”. Allo stesso modo il poeta, che quando ci provoca diventa profeta e ci spinge ad andare oltre noi stessi, oltre il già definito: “Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno…”
(Mario Luzi).

Rosaria G.