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LA NONVIOLENZA:
STILE DI UNA POLITICA PER LA PACE

 

“Il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano”. Così scrive Papa Francesco nel 50° Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace – di cui riportiamo alcuni stralci – invitando a “percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia”.

[…] Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa. In ogni caso, questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli:

guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi “signori della guerra”? La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato.[…]

La Buona Notizia

Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive” (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre la risposta radicalmente positiva: Egli predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr. Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr. Mt 5,39). Quando impedì a coloro che accusavano l’adultera di lapidarla (cfr. Gv 8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr. Mt 26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cfr. Ef 2,14-16). Perciò, chi accoglie la Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione, secondo l’esortazione di san Francesco d’Assisi: “La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori”. Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza.
Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – “è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo di più viene da Dio”. Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”». Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici (cfr. Lc 6,27) viene considerato “la magna charta della esso non consiste “nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr. Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia” (Angelus 18 febbraio 2007).

Più potente della violenza

La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: “Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri. […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo” (Madre Teresa, 11 dicembre 1979). […] La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le donne, in particolare, sono spesso leader di nonviolenza, come, ad esempio, Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia. […] La Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura. Questo impegno a favore delle vittime dell’ingiustizia e della violenza non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte tradizioni religiose, per le quali “la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita” (Udienza interreligiosa 3/11/16). Lo ribadisco con forza: “Nessuna religione è terrorista” (III Incontro mondiale movimenti popolari 5/11/16). La violenza è una profanazione del nome di Dio (Baku 2/10/16). Non stanchiamoci mai di ripeterlo: “Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!” (Assisi 20/9/16).

La radice domestica di una politica nonviolenta

Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell’amore che ho presentato nello scorso marzo nell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono. (Amoris Laetitia 90-130). Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società (cfr. ibid 133, 194, 234). D’altronde, un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono fondare questo tipo di etica (Conferenza… armi nucleari 7/12/14). Con uguale urgenza supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini. […]

Il mio invito

La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all’elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesù stesso ci offre un “manuale” di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr. Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù – i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia. Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità o l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità “di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” (Evangelii gaudium, 227). Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso (Laudato si’ 16.117.138). Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che “le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita”, conservando “le preziose potenzialità delle polarità in contrasto” (Evangelii gaudium, 228). Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. […] “Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace” (Assisi 20/9/16).

Papa Francesco