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AMARE IL PROSSIMO
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“Come amiamo?”. Don Alberione ci sprona a “fare il massimo bene, specialmente a chi non ce ne fa” (Alle Figlie di San Paolo, 1929-1932 pp. 341-345). Quando Raguele vide il giovane Tobia, senza conoscerlo: “Oh” disse “quanto rassomiglia al mio cugino questo giovane!”. Sentendo poi che appunto era figlio di suo cugino Tobia, l’abbracciò strettamente e gli diede mille benedizioni, piangendo d’amore sopra di lui. Ora perché questo? Non già per le buone qualità di lui, perché ancora non sapeva di che qualità fosse; ma perché, era figlio di una persona molto buona e rassomigliava molto a lei (cfr. Tb 7,2-6). Vedete quel che fa l’amore quando è vero! Se amassimo veramente Dio faremmo altrettanto con ogni nostro prossimo perché sono tutti figli di Dio e tanto rassomigliano a lui. Questo pensiero di S. Francesco di Sales è per dire che noi dobbiamo amare il nostro prossimo, le persone che ci circondano perché sono immagine di Dio e, come amiamo il crocifisso benché non sia che un’immagine di Gesù, così dobbiamo amare il prossimo perché è immagine di Dio. Nessuno si sogna di dire che quel crocifisso è Gesù, perché non è altro che un pezzo di legno, di metallo, di gesso o di scagliola, ma è l’immagine di Gesù, ed è per questo che noi l’amiamo, lo baciamo, lo veneriamo, facciamo la genuflessione, perché è ciò che vorremmo dare a Gesù stesso. Perciò quando noi parliamo con una persona, fosse anche un peccatore, dobbiamo portargli rispetto, ma non ai suoi peccati, bensì all’immagine di Gesù Cristo che è in lui, sebbene egli l’abbia sporcata gettandola nel fango. Noi non dobbiamo mai dire che quell’immagine di Dio è cattiva, indegna di rispetto, mai; dobbiamo dirlo ai peccati, ma all’immagine di Dio, no, infatti Dio ha detto: “Facciamo l’uomo ad immagine e somiglianza nostra” (Gen 1,26). E noi, perché siamo esseri viventi, siamo immagini di Dio molto più che non un crocifisso che è inanimato. Dobbiamo sempre rispetto e venerazione al nostro prossimo, come lo portiamo al |
crocifisso, sia esso pur pieno di ragnatele, sciupato, imbrattato di fango, ma sempre immagine di Dio. Esaminiamoci se rispettiamo negli altri l’immagine di Dio: dir male di una persona è dir male di Dio, come servire una persona è servire Dio. Perciò S. Camillo de Lellis si inginocchiava davanti ai malati, immaginandosi di servire Dio, ed il beato Cottolengo si avvicinava ai malati con la berretta in mano perché diceva: “Se passassi davanti a Gesù Cristo mi scoprirei il capo, quindi devo farlo anche davanti a chi me lo rappresenta”. S. Maria Maddalena de’ Pazzi riguardava le sue sorelle come immagini di Dio e perciò le amava sempre di più. È così che voi amate il vostro prossimo? Esaminiamoci se davvero amiamo il prossimo come immagine di Dio; se lo amiamo solamente perché ci è utile, perché è grazioso, ecc. non saremmo di più dei pagani. Se amerete solo così, povere figlie, come vi troverete in punto di morte! Anche i cagnolini amano chi dà loro del salame, ma amare chi non ci ama, servire chi ci porta rancore, beneficare chi ci vuol fare del male, dire bene di chi dice male di noi, questo, sì, è vero amore, è veramente meritorio. Bisogna fare il massimo bene e specialmente a chi non ce ne fa. Beato Giacomo Alberione |