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È molto strano che nella ricca tradizione educativa della Chiesa, sia all’interno di Istituti religiosi che di realtà pastorali (parrocchie, oratori, centri aggregativi), il termine “sensibilità” non suoni granché familiare, né risulti significativo. Quanto raramente nella formazione umana, scolastica e perfino spirituale si è dato attenzione all’emozione? Di fronte ad una poesia o a un brano musicale da eseguire, quando mai ci veniva chiesto: cosa senti? Che cosa ti richiama alla mente e al cuore? O di fronte alla Parola di Dio, come nella preghiera, perché ancor oggi rischiamo di far prevalere un atteggiamento intellettuale, devoto e corretto, senza avvalerci di quella forza interiore che è l’emozione? Eppure la sensibilità è ciò che normalmente ci abita: è attraverso questa che una persona o un fatto ci provoca, ci scuote, ci esalta, ci abbatte, ci attira, ci irrita, ecc.
Sul piano formativo e di maturità umana e spirituale è proprio la sensibilità ciò che deve crescere e qualificarsi sempre più. A volte invece noi “congeliamo” le nostre sensazioni ed emozioni a favore della razionalità. Lo scopo delle riflessioni di AMEDEO CENCINI, sacerdote, psicoterapeuta, da anni attivo nell’ambito della formazione permanente per il clero e la vita consacrata, nel libro “Dall’aurora io ti cerco”, Edizioni San Paolo, è cercare di capire e approfondire la relazione tra sensibilità e discernimento. di ciò che proviamo e sentiamo dentro di noi. Noi decidiamo, infatti, in base a quel che mente, cuore e volontà ci fanno percepire come buono e desiderabile. |