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CONVEGNO NAZIONALE 2008

 

Don Walter Lobina (ssp) ci ha condotto nel viaggio de:
"La comunicazione nel mondo, nella Chiesa e in Don Alberione"

 



Partiamo da un fatto particolare, che è prettamente italiano e per questo si differenzia anche rispetto alle altre nazioni europee [gli Stati Uniti lo hanno già sperimentato e anche da tempo]. In Italia dunque, proprio in un’ultima indagine, si è scoperto che la generazione così detta importante – così viene considerata questa generazione nell’ambito della società e della comunicazione – e cioè i giovani dai 16 ai 24 anni, (dopo i 24 anni i giovani sono considerati adulti, anziani ecc. Basti considerare come la stessa università della terza età, oramai inizia a quarant’anni) ha superato in questo ultimo anno, (nel 2007) l’utilizzo della televisione a favore dell’utilizzo di internet. In pratica in media l’utilizzo della televisione è di h 14,4 alla settimana, contro le h 14,5 di internet.

C’è stato il sorpasso di internet rispetto alla televisione, un sorpasso che è destinato ad aumentare. Le previsioni prevedono una accelerazione grandissima nell’utilizzo di internet, perché? Perché nell’utilizzo di internet cioè attraverso il computer si può ascoltare la radio, vedere la televisione e fare qualunque tipo di ricerca a livello mondiale; si possono scaricare (così si dice in termine tecnico) le canzoni … [È di ieri la decisione che i CD singoli dei cantanti non verranno più pubblicati, ieri è stato editato l’ultimo CD singolo. ] Attraverso internet si possono ormai vendere le canzoni: basta scaricarle. Si possono scaricare nel proprio adiport, sul proprio CD, sull’ MP3 o lasciarle sul computer, cosicché ognuno ha le canzoni che vuole secondo l’organizzazione che intende realizzare. Questo sorpasso, ci dice dove si sta orientando la società italiana e in modo particolare questa fascia di età dai 16 ai 24 anni, che tecnicamente viene chiamata la net generation.
È la cosiddetta generazione di internet, persone che hanno una familiarità estrema col mezzo tecnologico. Sono nati con il mezzo tecnologico e fin da piccoli hanno visto, hanno vissuto e hanno convissuto con tali strumenti, tanto da non aver bisogno neanche dei manuali per utilizzarli. Noi adulti, per fare un esempio, se comperiamo un cellulare nuovo, consultiamo il manuale per capirne le funzioni (a meno che non si tratti di un modello già conosciuto). Un giovane della net generation si mette subito a digitare, tranquillamente, senza bisogno del manuale e lo stesso discorso vale per il computer. È una generazione che si muove sicura nell’ambito di questi mezzi, che guarda in avanti. È una generazione – e questo ci può dispiacere – poco interessata alla generazione precedente, alla generazione degli adulti o degli anziani. Nella ricerca (Udisco?) del 2002 o del 2003, adesso non ricordo di preciso, i giovani hanno espressamente detto di non voler avere niente a che vedere con le generazioni precedenti, perché non sono coerenti, dicono, ma poi le loro azioni sono differenti da quello che dicono, per questo non hanno niente da insegnare. Gli adulti sono una generazione che lascia un mondo malato, che non ha ideali. Ed ecco allora che la net generation si mette alla ricerca di nuovi ideali e lo fa in proprio. Questa è la variante, i giovani non hanno più bisogno di insegnanti, oramai cercano tutto da soli, il sapere se lo costruiscono. Hanno bisogno però di maestri e testimoni, ma di testimoni che devono essere visibili, credibili, coerenti. Persone convinte di quello che dicono, anche nel loro agire. Persone che hanno passione con tutto il loro essere, in quello che affermano.
Questa introduzione serve per proiettarci nel futuro ed entrare così nell’argomento della comunicazione nella cultura odierna, nella Chiesa e in Don Alberione.

Iniziamo la nostra carrellata, il nostro approfondimento, partendo proprio dalla società. Essa è un insieme di persone che riceve dalla società precedente una eredità: delle capacità, delle idee, una cultura. L’insieme delle persone forma, stando insieme, stando in relazione, quella che è la cultura della società seguente.
Nell’ambito della società emergono alcune persone, le quali si distinguono per determinate doti, queste persone sono gli inventori o gli artisti. Tutti hanno una capacità di comunicare però, non tutti hanno la capacità o la dote di inventare cose nuove. Cosa fanno questi inventori e artisti? Presentano idee nuove, presentano nuove realizzazioni. Naturalmente queste idee nuove e nuove realizzazioni difficilmente possono andare al pubblico o alla società, e fin dagli inizi c’è sempre stato bisogno di una figura, il mediatore che sapesse porgere e divulgare queste invenzioni, queste nuove idee alla società, alla gente. Ecco allora la categoria degli specialisti. Gli specialisti non hanno la dote di essere artisti o di essere dei creatori, però sono degli analisti, sono persone cioè che hanno la capacità di cogliere le cose nuove, hanno la capacità di capire l’importanza di un’idea nuova, di una creazione nuova e riescono a farla passare nella maniera adeguata al pubblico. Tramite gli specialisti dunque queste idee nuove e nuove creazioni si sedimentano in quelle che, sono le varie applicazioni concrete: le riviste, le videoteche, i libri, i musei. C’è tutto un patrimonio che si consolida a disposizione di tutti, e questo forma il quadro socioculturale. Se vogliamo sapere in un determinato momento come sta funzionando una società, quali sono le sue idee, è sufficiente prendere in considerazione riviste, libri, musei, videoteche, ecc. Si ha così, un’idea di come sta funzionando quella società. Nel quadro socioculturale tuttavia possono intervenire dei fatti improvvisi e imprevisti, pensiamo ad uno Tzumami, ad un terremoto, una guerra, avvenimenti straordinari che possono stravolgere la situazione. Tuttavia, in linea di massima, il funzionamento è il seguente: dal quadro socioculturale si va nella vita quotidiana, e dalla vita quotidiana si ritorna alla società, così il ciclo si conclude. Va precisato che questo funzionamento era valido fino a qualche tempo fa, cioè fino a circa cento anni fa.

Vediamo cosa è intervenuto. Da cento anni a questa parte sono intervenuti i mass media, i mass media sono i 4 mezzi di massa: la stampa, la radio, il cinema e la televisione. Da un secolo a questa parte si sono inseriti nel ciclo della cultura della società e sono diventati i veri mediatori della cultura nella società. Tutto passa attraverso di loro e loro interagiscono secondo determinate direttive, che possono essere politiche, industriali, legislative o altro che hanno al loro interno. I mass media diventano anche filtro di una realtà e di una società, possono addirittura intervenire nel modificare la società stessa. Vediamo allora cosa può succedere. Con l’inserimento dei mass media, quella che era la società è diventata una società di massa, e la cultura è diventata una cultura di massa,  una cultura cioè che diventa uniforme all’interno della società. Questo ciclo diventa sempre più veloce, i mass media sono voraci, vanno avanti 24 ore su 24 e perciò hanno bisogno di contenuti. In questi ultimi decenni inoltre, nell’ambito degli inventori e degli artisti, si è affermato quello che possiamo chiamare il numerico o il digitale, l’invenzione cioè di una struttura, di un sistema di comunicazione secondo una logica binaria matematica: è arrivato il computer. Internet è iniziato nell’ambito militare, prima di passare alla società,  quando in campo militare è stato messo a punto un sistema migliore, quello precedente è passato alla società. Grazie agli specialisti abbiamo avuto una diffusione sempre più grande, poi grazie all’intervento dei media, internet è arrivato alla società, e quindi alla vita quotidiana. Il suo l’utilizzo è diventato così sempre più massivo (di massa). Poco per volta il sistema della rete ha preso tutto il sistema sociale. Da notare che, quando diciamo “poco per volta ha preso tutto il sistema sociale” ciò significa guardare il futuro, capire qual è la tendenza, sapendo che il prossimo futuro sarà totalmente così (chi magari è avanti negli anni dice: “ma io veramente ne faccio anche a meno… io utilizzo niente o poco internet…”, ma se consideriamo le nuove generazioni, non è pensabile fare a meno del sistema della rete).

La tecnopoli

Approfondiamo ora insieme il senso della storia, quindi della storia dell’umanità, che è  anche la storia della comunicazione nelle sue tappe di passato presente e futuro.
Vediamo cosa c’è in queste tappe di passato presente e futuro. Abbiamo quello che viene chiamato il pre-moderno, l’età moderna, e poi ormai la tecnopoli. Tecnopoli è una realtà tra presente e futuro.
Dobbiamo subito chiarire che cosa si intende comunemente con la parola futuro. Se facessimo un’indagine qui avremmo varie definizioni del termine futuro, andremmo dal concetto di lontananza a quello di un futuro più prossimo. Se lo chiedessimo ai giovani, le loro risposte sarebbero sorprendenti. Io ho fatto per due anni un lavoro del genere, e posso dirvi che per loro normalmente significava domani, entro 24 ore, se si spingevano tanto, era il sabato seguente, per i più fantasiosi era il fine anno scolastico, oltre non si andava. Nell’ambito di quelli che sono gli esperti della comunicazione, la definizione di futuro è: il momento che è appena passato, ecco il futuro! La comunicazione oggi è un mondo talmente veloce che il futuro è nel momento passato, è ciò che è appena passato. Siamo nella compressione del tempo, e tutto questo è legato al discorso della rete. Che cosa è avvenuto nell’ambito della tecnopoli? Ci può essere di aiuto qualche esempio del passato. Provate a pensare sia alla fase del nomadismo, che alla fase caratterizzata dall’agricoltura. Con il Nomadismo le persone si muovono in base al pascolo, con l’insediamento dell’agricoltura si iniziano a mettere le recinzioni. Inevitabile lo scontro tra questi diversi stili di vita, scontrandosi, perde il più indifeso, vale a dire il nomade che non aveva protezioni. Già la Bibbia inizia a raccontarci questo dramma, provate a pensare alla storia di Caino ed Abele, Abele il nomade, Caino l’agricoltore: non potevano convivere. Veniamo in epoca più recente, all’era industriale. Siamo intorno al 1750, abbiamo gli agricoltori con i loro insediamenti da una parte e l’era della tecnica che interviene, le fabbriche che intervengono; nello scontro chi poteva vincere? La tecnica, la quale sebbene minoritaria, era più potente. Pensiamo ancora al famoso scontro tra nordisti e sudisti negli Stati Uniti, non era certo solo lo scontro con la gente di colore, ma era lo scontro tra il sud ricchissimo agricolo, e il nord con la tecnica, con l’industria, inevitabilmente non potevano convivere... E la rivoluzione di ottobre della Russia? lo stesso.

Oggi lo scontro è tra l’epoca della rete e l’epoca industriale. Siamo nell’epoca tecnologica, in quella che viene chiamata “macchinismo all’ennesima potenza”. Vale a dire la macchina in tutta la sua potenzialità, ma con una novità, con un’aggiunta che consiste nell’integrazione tra scienza e tecnica. Oggi scienza e tecnica vanno insieme. Fino a qualche decennio fa, si partiva da una esigenza dell’uomo, si iniziava a studiare, a cercare e a trovare la soluzione, oggi  scienza e tecnica vanno per conto loro, inventano, poi si vedrà a cosa può servire; oggi si fanno esperimenti poi si vedrà a cosa serviranno, le frontiere sono senza limiti. Assistiamo al primato del fare sul contemplare, siamo passati dal tempo del nomadismo e della agricoltura del pre-moderno, in cui l’uomo immerso nella natura, stava in contemplazione, al fare dell’era tecnologica, in cui solo la tecnologia conta. Facciamo un esempio: quando vi rivolgete a qualcuno, o quando conoscete una persona, al di la del nome voi chiedete: “cosa fai?”. I vostri genitori o i vostri nonni avrebbero detto: “chi sei? di chi sei figlio?…” poi in un secondo momento avrebbero chiesto cosa fai. Non è importante l’essere, oggi, conta cosa fai. Vedete il primato della tecnica sull’etica? Il mondo oggi è tecnologico, noi siamo abituati, per formazione anche per formazione cristiana, ad un’etica umana, un etica filosofica. Oggi c’è un’altra etica, quella tecnologica, la quale, volendo esemplificare, mi dice: “visto che la tecnica mi permette di realizzare certe cose, perché non farle? Se lo strumento tecnico mi permette di costruire l’uomo, perché non farlo?”. Tutto è svincolato dall’etica e c’è tutto un altro modo di procedere, nel quale la tecnologia è al primo posto. C’è il primato dell’avere sull’essere, il primato delle cose sulle persone, fino al punto di costruire bombe super intelligenti le quali distruggono solo le persone e salvano le cose…

In questa logica del primato dell’immagine sul reale aumenta di conseguenza il processo della cosiddetta vetrinizzazione, il mostrarsi, il diventare visibili rispetto al reale, rispetto a ciò che uno è. Nella necessità di mostrarsi, si inserisce il discorso dell’immagine, perchè dal mostrarsi si passa alla ricerca di fama e di notorietà. Oggi conta soprattutto diventare visibili, basta guardare quanti cercano di andare in televisione a raccontare, magari, anche fatti personali. Prendiamo il successo, non solo dei reality (programma realtà) ma anche di tutti quei programmi in cui si raccontano le proprie pene amorose o fatti di famiglia, ciò che conta è esserci, altrimenti non esisto, esisto solo se sono lì. Ecco ancora il primato della rete sulla logica lineare. Noi siamo abituati a un tipo di concezione, a ragionare con un tipo di pensiero lineare: si parte da un punto e se ne arriva in un altro, in modo lineare. La rete invece funziona in tutt’altro modo, funziona come rete con tutte le sue connessioni… Per cercare di capire ciò che vi sto dicendo, facciamo un esercizio. Proviamo ad immaginare una rete, un reticolato esteso all’infinito e, se per caso è difficile pensare all’infinito, pensate ad una rete sferica, cioè ad una sfera con una rete tutt’intorno. Ora provate ad immaginare in questa rete dov’è il centro. In una rete all’infinito o in ambito sferico si vede subito che non c’è un centro, così come, se cercate di individuare la periferia, non troverete la periferia, nella rete non c’è periferia. Pensate ad un assoluto, nella rete non ci può essere; ad un relativo, non ci può essere; pensate ad una gerarchia, nella rete non ci può essere… Soprattutto pensate alla navigazione nella rete. Qual è il percorso migliore tra due punti? normalmente potremo pensare che il percorso migliore è quello più vicino, ma nell’ambito della rete, sapendo che i percorsi sono infiniti, e che qualunque sia il percorso che realizzo, il tempo impiegato è pressoché lo zero, diventa secondario il percorso che utilizzo.

Provate, ora, a pensare a tutte le attività di annuncio che noi facciamo, attività di evangelizzazione, attività di proposta cristiana ecc. Noi siamo abituati a pensare che ci sia un centro. La nuova generazione, abituata alla rete, dice: “no, non c’è un centro, ce ne sono tanti”; noi crediamo che ci sia un assoluto, loro no; che ci sia una gerarchia, per loro la gerarchia è relativa; noi diciamo che c’è anche un percorso migliore, un percorso formativo, per loro qualunque percorso va bene purché si raggiunga l’obiettivo. Questo ci fa capire il cambiamento di mentalità che oggi si è attuato. Cambiamento di mentalità che viene sintetizzato con un tipo di spostamento: da quello che era un sistema baricentrico, con un centro ed una gerarchia ordinata a questo centro [tutte le generazioni passate sono state abituate a questo tipo di ragionamento, anche se poi “buttavano all’aria” il baricentro precedente per metterne un altro con la conseguente gerarchia] si è passati ad un sistema pluricentrico, con la presenza cioè di più centri in contemporanea. Provate solo ad immaginare una realtà che ha più centri e vedrete la difficoltà che troverete. Io vi dico subito che pur lavorando in questo ambito, ho impiegato quasi un anno ad entrare in questa nuova mentalità, adesso per me è difficile pensare al baricentro, oramai penso in maniera pluricentrica.

La Chiesa e la comunicazione. Don Alberione e l’apostolato della comunicazione sociale

La Chiesa si è interrogata su cosa stesse avvenendo, ha sentito la necessità pastorale, in obbedienza alla sua vocazione, di fare qualcosa. In Italia ci ha provato per quarant’anni.  Dopo quarant’anni ha fatto un’analisi e il Cardinale Ruini, in assemblea, ha dovuto confessare che era andata male. In parole povere si è detto: “Abbiamo aggiornato le metodologie, abbiamo usato mezzi nuovi, ma abbiamo avuto un fallimento, perché? Perché si è continuato con la mentalità del passato, seguendo il sistema baricentrico, non quello pluricentrico, più recente. Si è continuato con una presentazione di tipo uditiva, non più adeguata, nel linguaggio, alle generazioni di oggi. Intervento estremamente arretrato. Servono nuove specializzazioni. Oggi si parla dell’animatore della cultura della Comunicazione che sappia dare vita a tutte le cose già esistenti, che sappia tradurle con il linguaggio di oggi, che sappia cogliere le necessità, farle vedere e offrire le soluzioni.
Tutto questo era ben presente in don Alberione. Don Alberione ha cercato di scomodare le coscienze del suo tempo, si è accorto dei cambiamenti ed è stato, in ambito cattolico, senz’altro un pioniere. Egli diceva che la gente si allontanava dalle chiese, e al tempo di Don Alberione erano pochissimi che si allontanavano; guardate oggi: abbiamo una media di frequenza dal 2 al 10% Alberione sottolinea dunque l’urgenza di andare verso queste persone. Di qui la necessità di un intervento apostolico nel campo della Comunicazione, nel campo della Cultura, ecco allora la cultura della Comunicazione. Non un qualcosa di superficiale  – come dirà Paolo VI – una vernice superficiale che si aggiunge, no! Qualcosa che deve penetrare nel più profondo e deve trasformare. Ecco l’impegno per noi, impegno che non può fare a meno di conoscere queste realtà. Lo diceva già don Alberione, il nostro apostolato richiede la scienza, la scienza comune prima di tutto, e poi in particolare, la scienza della Comunicazione. Se vogliamo essere dei comunicatori – e dicendo la parola comunicatore non vogliamo intendere soltanto colui che per professione comunica, ma l’essere comunicatore anche nella vita ordinaria – se vogliamo essere dei cristiani, che come cristiani comunicano, cioè sono visibili nel loro essere cristiani, dobbiamo avere la scienza e la scienza della Comunicazione.

Per questo motivo don Alberione avrebbe inventato il famoso Segreto di Riuscita. Era consapevole di cosa richiedesse la scienza della Comunicazione e quale tipo di preparazione necessitasse, perciò arriva quasi a dire: “Io metto tutto me stesso anche se è pochissimo, il resto fallo tu”. E aggiunge che, ad agire, deve essere un gruppo di santi. Questi due aspetti sono inscindibili: santità di vita e, diciamo, professionalità, l’essere esperti nel mondo della Comunicazione. Per questo fine don Alberione ha “inventato” il discorso del predicare con gli strumenti, ha dato una vitalità carismatica agli strumenti della Comunicazione. Ai suoi tempi egli esortava ad annunciare il Vangelo con gli strumenti della comunicazione sociale, oggi dobbiamo farlo con gli strumenti della comunicazione, senza la parola sociale. Il termine sociale indica solo: stampa, cinema, radio, televisione; internet è uno strumento di Comunicazione, è il futuro. La mentalità per usare questo strumento potrebbe apparirci sbagliata, forviante. Internet sembra essere un altro mondo nel quale tuttavia, noi siamo inseriti e siamo inviati.
Al riguardo può essere interessante il profeta Giona che Dio manda a Ninive, ma che si imbarca verso Tarsis, nella direzione opposta, perché non ne voleva sapere. Ma Dio dice di no e lo rimanda a Ninive. Qual è la Ninive di oggi? È questo mondo, che ci appare lontano da Dio, un mondo che rifiuta Dio, Se guardiamo le nuove generazioni, esse ci appaiono deboli, confuse, non sanno quello che vogliono. In realtà sono generazioni differenti che sanno quello che vogliono, solo che il loro modo di ragionare non coincide con la nostra mentalità. Ecco allora il nostro essere inviati a questa Ninive. È inutile che fuggiamo, fuggendo usciamo dal mondo e perdiamo un’occasione d’incontro. La Ninive di oggi è la rete, è un mondo da salvare, un mondo dove è richiesta la nostra presenza e dove soprattutto è richiesta la nostra visibilità. Non è più il tempo di rimanere nascosti, ma è il tempo di presentarci, di mostrarci con il nostro carisma e con il nostro annuncio. 

Don Walter Lobina ssp

 

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