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IL MIO ISACCO

 

“Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò” (Gen 22,2). Queste parole del noto passo della Genesi in cui viene messa a dura prova la fede di Abramo, risuonavano ripetutamente nella mia mente mentre ero intenta a preparare i pacchi contenenti il nuovo pieghevole “Una Madre per te”. Presto queste pagelline del Rosario avrebbero raggiunto Parrocchie, ospedali, famiglie, giovani, bambini, anziani, ammalati in tutta l’Italia. Avrebbero parlato di Maria e avrebbero fatto parlare con Maria. Sarebbero state un segno tangibile per chi da tempo aveva messo da parte la preghiera del Rosario; avrebbero consegnato una Madre a chi prendendolo, con accoglienza, ne avrebbe letto il titolo. Avrebbero fatto esultare di gioia il Primo Maestro, che dal Cielo avrebbe continuato a dire: “Fate conoscere Maria!”. Avrebbero, col tempo, portato le persone a conoscere meglio Gesù, perché Maria conduce sempre e solo al Figlio. Avrebbero reso ciascuna Annunziatina apostola gradita al Fondatore che soleva dire: “Se l’umanità non conosce Gesù, è perché non se ne addita ancora abbastanza la via: Maria Santissima”. Lo sappiamo: tanti cristiani smarriti oggi, non frequentano più i Sacramenti e le Celebrazioni in chiesa, ma sempre più spesso li vediamo lì, ai piedi di una statua della Mamma, con il cuore aperto a consegnare a lei le proprie ferite, le proprie gioie, le proprie sofferenze. Al mio paese, qualche mese fa, è stato trovato un mazzo di fiori bellissimo ai piedi della statua della nostra Vergine del monte Pollino. Nel biglietto, anonimo, una donna ringraziava Maria perché aveva portato pace alla sua famiglia, in travaglio da diversi anni, facendo rientrare a casa il marito separato e allontanando dalla droga un figlio. Il dono è sempre di Gesù, ma passa sempre per le mani di Maria. Mentre questi pensieri si accalcavano nella mia mente, guardavo le mie mani lavorare: a stento riponevano i pieghevoli nelle scatole. È vero, quel pieghevole avrebbe portato frutti di grazia, ma è anche vero che sentivo una certa resistenza a donarlo. Era stato realizzato con grande impegno e passione da altre sorelle, ma lo sentivo mio per quel vincolo profondo di comunione che ci lega le une alle altre. Lo avevo visto nascere, mi apparteneva fino in fondo, ci avevo pregato tanto e ne avevo accompagnato tutti i passi: il clima apostolico fervente in cui era stato pensato, le infinite prove pratiche per trovare i colori giusti e adatti ad ogni mistero, la ricerca – fatta nel silenzio da una sorella – dei brani del Fondatore, la dimensione giusta di ogni carattere, l’acquisto della foto per la copertina, la sistemazione precisa al millimetro del

logo,l’allineamento dell’enunciazione di ogni mistero, il lavoro certosino per far rientrare tutto quel testo in pochissimo spazio a disposizione, il combattere con i tempi di stampa della tipografia affinché tutto fosse pronto per il mese di maggio, il confronto fra più pareri per giungere insieme proprio a quello che avrebbe realizzato Maria se avesse lavorato con noi, il pensare un formato di impaginazione adatto e innovativo allo stesso tempo e poi tutto quanto è nel mio cuore e che, imitando Maria, voglio serbare in esso quale dono di inestimabile valore che Dio mi ha concesso. Quel pieghevole era il mio Isacco. Come Abramo procedevo nel servizio richiestomi, ma mancava quella gioia profonda che possiede solo chi dona con fiducia a Dio tutto ciò che possiede perché si fida di quel Padre che non può che essere Provvidenza e Amore. Avrei desiderato trattenere per me tutti i pieghevoli, ho combattuto la mia piccola-grande battaglia interiore, alla fine mi sono arresa alla volontà di Dio. “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Queste parole del Divino Maestro penso siano il grande “segreto del Re” di ogni apostolo, consapevole che il Signore sta operando attraverso di lui proprio quando egli vede solo il buio intorno a sé, perchè quel buio non è nient’altro che la terra che sta custodendo quel seme che a tempo debito germoglierà.

Rosa L. D.

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